“Quella mattina l’avvocata Susanna Spinea si era svegliata presto ed era sgattaiolata fuori dal letto cercando di non far rumore, non volendo svegliare suo marito: l’aspettava una lunga giornata di viaggio e di lavoro.
Dopo una colazione frugale e un rapido viaggio in taxi eccola, in grande anticipo, ferma al primo binario della stazione centrale di Bologna.
L’alba si era appena presentata, e l’aria frizzante l’aveva completamente risvegliata dal torpore delle coltri; l’umida mattina invernale sembrava sbiadire i colori; le persone che alla spicciolata giungevano in stazione parevano prive d’identità, con le facce dello stesso colore dei cappotti: grigio, in tutti i suoi toni.
Il grande orologio che si trovava nel salone principale della stazione segnava le sei e trenta, era in anticipo di quaranta minuti, e anche quel giorno, come faceva ogni qual volta si trovava in stazione, si diresse all’edicola dei giornali dove stavano finendo di esporre i quotidiani appena giunti. L’edicolante, sempre quello da anni, era molto amichevole e, con i suoi modi cortesi e la voglia di scambiare qualche parola con ogni acquirente, scaldava l’atmosfera.
Carica di giornali si spostò sulla banchina del primo binario ed ebbe un’immagine sconfortante di cinerea desolazione. Si strinse nel cappotto alla ricerca di calore consolatorio, e per sfuggire a quella cappa pesante decise di leggere le notizie del giorno; scorse i titoli principali senza essere attratta da nessuna notizia in particolare e quando stava per girare pagina, da un cono d’ombra, vide emergere una donna che si mosse verso di lei”
