Dal libro d’amore in giallo che sto scrivendo
“Infine era giunto il capodanno e noi avevamo iniziato già a colazione a progettare la serata che avrebbe dovuto essere memorabile, in fondo avevamo già diciassette anni e ci stavamo avvicinando ai diciotto: eravamo quasi adulte.
Come il giorno precedente tornammo a sciare e non accadde nulla di speciale, a dir il vero la giornata fu noiosa, le mie amiche avevano preso accordi con i ragazzi incontrati il giorno precedente, e fui costretta a dialogare con lo spasimante chiacchierone per tutto il giorno.
Finalmente giunse la sera e con lei un lavorio frenetico, lunghissimo, per renderci irresistibili;
abbigliate in luccicanti abiti da sera ci presentammo a cena e ci accorgemmo di non essere le uniche ad abbondare di lustrini e di lunghe vesti fruscianti. La voglia di splendere, almeno una volta all’anno, era stata soddisfatta, anche se gli abiti e i gioielli erano di dubbio gusto.
Verso le ventitré ci cambiammo e, indossati pantaloni attillati, cappotti e doposci, ci preparammo per uscire: avevamo ottenuto il permesso di recarci in paese a ballare.
Ognuna di noi aveva riposto in un sacchetto le scarpe con i tacchi alti e, appena giunte nel locale, indossammo le nostre vertiginose calzature. La sala non era molto ampia e in mezzo alla calca del capodanno cercammo un angolo libero dove appoggiarci; trovammo alcune poltroncine lontano dalla pista da ballo e lì ci sistemammo, poi ci facemmo prendere dalla musica e scendemmo in pista, dove incontrammo nuovamente i tre cascamorti per la gioia di Anna e Luisa e per il mio disappunto”
