Dopo giorni di cattivo tempo e mare grosso il mar Mediterraneo si era placato e Margherita, in crociera per due settimane con la sorella, finalmente poteva restare sul ponte appoggiata alla ringhiera esterna e godersi il tepore del sole nelle prime ore del mattino. Ogni anno si prendeva una breve pausa riflessiva dal matrimonio, il marito non aveva mai posto obiezioni a questa breve interruzione della loro quotidianità, d’altronde anche lui per anni aveva trascorso periodi lontano da lei in compagnia dell’amico architetto; un’amicizia, quella del marito, che era finita improvvisamente diciassette anni prima. Margherita non aveva mai conosciuto la ragione di tale chiusura e lui non aveva mai dato una spiegazione esauriente, da allora viaggiava di rado e preferiva restare al castello insieme ai suoi adorati cavalli. Lei, invece, intraprendeva due viaggi all’anno con la sorella Irene e sempre sceglieva le crociere nel Mediterraneo.
Quando il cameriere venne a chiamarla per il pranzo s’intravvedeva all’orizzonte il profilo dell’Attica e della città di Atene; erano giunti all’ultima tappa del viaggio, dopo un paio di giorni avrebbero preso la via del ritorno.
Raggiunse la sorella in sala da pranzo e fu colpita dal suo sguardo perso nel vuoto e dall’innaturale biancore: Irene immobile la stava fissando come se avesse visto un’apparizione ultraterrena.
