Usciti dalla cerchia delle mura, dall’alto del colle dove era edificato il castello, potemmo valutare l’ampiezza della proprietà: un susseguirsi di vigneti, boschetti, prati, un lago; in lontananza si distinguevano le sagome delle case del paese vicino.
La zia ci fece seguire un sentiero che costeggiava le mura e potemmo godere di una vista completa di quel panorama da fiaba.
“Dove finisce la proprietà? Chiesi.
Lei, con il bastone, disegnò nell’aria i confini delle sue terre, poi mi prese a braccetto e, ignorando il nipote, finimmo il giro intorno al maniero. Una chiacchera tira l’altra, e fu così, non so come, che dalle viti passammo alla mia vita, e la zia volle sapere tutto: dove abitavo, chi erano i miei genitori, se avevo un buon rapporto con loro, che tipo di studi avevo intrapreso, che cosa pensavo di fare da adulta e così via. Quando fu sazia delle informazioni che mi riguardavano, si scusò per la sua curiosità, d’altronde, mi disse, una signora della sua età aveva poche occasioni per far conoscenza con i giovani.
Ginevra, per tutto il tragitto, scodinzolò al mio fianco e pareva più il mio cane che quello di zia Margherita.
